Diario (Silvia Tantera)

(s. d.)
Zona  di Guerra

Mi trovo sull’ altopiano di Asiago e sono le 2 del pomeriggio. Il cielo è coperto di neve e piove a dirotto. Si sentono le gocce d’ acqua che cadono sulle lamiere del misero “tetto”. È un bel sentire, ma pensando che tra poche ore dovremo combattere mi si rattrista e impaurisce il cuore. Il rumore degli spari e la paura delle granate mi scompigliano la testa e in essa non passano dei pensieri belli. Ieri è arrivato un nuovo soldato di nome Battista e ci ho fatto conoscenza. Mi dispiace perché non ha fatto nemmeno in tempo a mettere piede nelle trincee che subito abbiamo dovuto combattere. Gli sono stato vicino per insegnargli a combattere come facevano tutti e al riposo gli ho fatto capire che da quel momento non avrebbe più dovuto pensare alle cose belle, ma solo ad ascoltare il caporale e ad obbedire. Il caporale era molto testardo perché ci ordinava cose impossibili e noi dovevamo farle immediatamente. Questi ordini mi davano alquanto fastidio perché lui ordinava ma non ci aiutava o faceva altro, ma ci guardava solo e basta. Aveva proprio ragione il mio compagno di battaglia Giacomo a dirmi che ormai non c’ erano speranze di disubbidire al caporale. Qui la vita è  molto dura, mi manca tanto la mia famiglia e nei momenti in cui sono solo penso sempre a loro e ho tanta nostalgia di casa. Quando vedo un mio compagno morire sotto i miei occhi sotto i colpi di granate oltre a provare tanta tristezza per lui, penso che il prossimo potrei essere io e non riesco ad immaginare la disperazione della mia famiglia non vedendomi tornare dal fronte. Mia moglie è morta quando ero già al fronte e mi è stata mandata una lettera dai miei parenti che era deceduta. Questa notte dei miei compagni sono stati feriti  e fortunatamente io no. Alcuni si sono ammalati per il freddo e il mancato cibo e altri che erano stati colpiti sono stati portati tutti a casa loro solamente per alcuni giorni e poi quando si erano ripresi  dovevano tornare direttamente al fronte. Di notte quando riposavamo c’ erano soldati che come me piangevano perché gli mancavano i suoi cari. Un po’ di notti fa un mio compagno aveva preso la tosse e il raffreddore e non aveva medicine per curarsi. In poche parole noi dovevamo stare agli ordini, combattere e soffrire per la mancanza delle nostre famiglie e con mancanza di cibo.